Uganda, Sistema Italia in azione per l'assistenza sanitaria a Kitgum

Stampa

Fonte: Il Velino

Nuovo intervento del Sistema Italia a favore delle popolazioni mondiali pi๠deboli. Medici e infermieri di Esercito, Marina, Aeronautica, e Carabinieri, per la prima volta insieme per una missione umanitaria in Africa. L'iniziativa, denominata €œ4 stelle per l'Uganda€, come il numero delle forze armate che vi prendono parte, nasce da un progetto di collaborazione tra il Ministero della Difesa italiano e la Fondazione Avsi, Organizzazione non governativa (Ong) italiana impegnata con oltre 100 progetti di cooperazione allo sviluppo, soprattutto nel campo dell'educazione e della promozione della dignità  umana, in 38 paesi del mondo di Africa, America Latina e Caraibi, Est Europa, Medio Oriente, Asia.

Il gruppo - composto da 20 militari, tra medici, personale sanitario e addetti alla logistica, e due medici civili €“ è partito con un C-130J dell'Aeronautica militare dall'aeroporto di Pratica di Mare nella mattinata di sabato 20 novembre e, dopo uno scalo tecnico in Egitto, arriverà  stamattina a Gulu, la seconda città  ugandese ed unica testa di ponte per raggiungere in aereo il nord del paese. Da là¬, con mezzi messi a disposizione dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo (Dgcs) della Farnesina, la missione raggiungerà  l'ospedale St. Joseph di Kitgum, circa 100 chilometri a nord-est di Gulu, tre ore di fuoristrada in questa parte finale della stagione umida.

A bordo del velivolo, oltre alle attrezzature mediche e ai farmaci necessari per gli interventi, ci saranno oltre dieci tonnellate di materiale reso disponibile da importanti industrie farmaceutiche ed alimentari italiane e da privati, che verrà  donato alle strutture e agli operatori locali. Il programma della missione, concordato preventivamente con l'Avsi e la direzione dell'ospedale, prevede già  a partire dal 22 novembre visite ed interventi di chirurgia generale, endoscopia, ginecologia, ortopedia ed attività  di laboratorio analisi. Secondo fonti locali, sono già  centinaia i pazienti in cammino dai villaggi limitrofi per essere visitati. L'ospedale St. Joseph, che proprio quest'anno festeggia 50 anni di attività , è stato uno dei punti di riferimento per la popolazione durante i venti anni di guerra civile che hanno sconvolto il nord del Paese, e continua ad esserlo contro nemici purtroppo ancora forti come malaria, epatite e soprattutto Aids.

La missione, coordinata dalla direzione generale della Sanità  militare, è stata pianificata dal Comando operativo di vertice interforze (Coi) dello Stato maggiore Difesa (Smd), che ne detiene anche il comando operativo. Il coordinamento dei voli militari di andata e ritorno è stato invece effettuato dalla sala situazioni dello Stato maggiore Aeronautica (Sma). Nell'ambito della missione, ed è uno degli obiettivi pi๠importanti, verrà  sviluppato un progetto di formazione grazie al quale i numerosi giovani medici presenti tra i militari italiani ed il personale dell'ospedale potranno ampliare il proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze lavorando al fianco dei colleghi militari e civili pi๠esperti. Uno scambio professionale importante, questo, non solo per i medici italiani, che potranno cosଠaccrescere quell'esperienza sul campo fondamentale per operare al meglio in tutti i contesti operativi lontani dai confini nazionali, ma anche per i locali, soprattutto infermieri ed assistenti, figure sanitarie preziose per i pochi medici che normalmente è possibile trovare negli ospedali africani.

€œEssere vicini ad Avsi per alleviare le sofferenze della popolazione locale è ovviamente la nostra priorità  €“ ha affermato il coordinatore della missione, il generale ispettore capo Ottavio Sarlo, direttore generale della Sanità  militare e capo del corpo Sanitario aeronautico -, ma vogliamo anche dare continuità  nel tempo al nostro intervento. In questi contesti formare un infermiere, un ferrista o un anestesista puಠvoler dire salvare molte vite umane in futuro€. Il personale sanitario militare, oltre che dal Coi e dalla direzione generale di Sanità , proviene per gran parte dall'Ospedale militare Celio di Roma e dai Servizi Sanitari delle rispettive forze armate. Da Roma anche i due medici civili, un chirurgo generale della Clinica Nuova Itor e docente dell'Università  €˜La Sapienza' e un aiuto chirurgo sempre della Clinica Nuova Itor.

La Difesa e la Dgcs, peraltro, già  da tempo lavorano insieme per programmi di sostegno delle popolazioni vulnerabili. Un esempio su tutti è il programma "Ridare la luce" in Mali, il cui obiettivo è restituire la vista a migliaia di persone e liberare quindi per sempre i tanti bambini sottratti all'infanzia e alla scuola per fare da guida agli adulti ciechi, vede coinvolti 60 italiani tra medici, paramedici, piloti e personale per il supporto logistico. Gli oculisti provengono dagli ospedali Fatebenefratelli San Pietro di Roma, Isola Tiberina, San Camillo di Roma, dalle strutture mediche dell'Aeronautica militare e anche dal San Giovanni di Dio di Siviglia. In questi anni le edizioni della missione hanno consentito di restituire la vista a pi๠di 3.600 persone, liberate per sempre dalla cataratta e da altre malattie oculistiche. L'iniziativa è nata a seguito della collaborazione tra l'Ong Afmal (Associazione Fatebenefratelli per i Malati Lontani), Aeronautica militare, Alenia Aeronautica (società  di Finmeccanica), Esercito, Cooperazione italiana, Istituto superiore di sanità  (Iss), volontari e altre aziende private italiane.