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La Cooperazione Decentrata allo Sviluppo

nell'ambito della Cooperazione dell'Italia con i P.V.S.

attuata dal

Ministero degli Affari Esteri

Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo

Linee di indirizzo

e

modalità  attuative

________

Marzo 2000

  1. Il rilievo internazionale della cooperazione decentrata

E' ormai riconosciuta in foro internazionale, nel quadro delle strategie pi๠idonee di lotta alla povertà , la rilevanza acquisita dall'azione di cooperazione allo sviluppo attuata in forma di partenariato fra soggetti omologhi delle Amministrazioni locali e della società  civile organizzata dei Paesi del nord e del sud del mondo.

Tale rilevanza, misurata anche dai dati del recente Rapporto OCSE-DAC "A comparison of management systems for development co-operation in OECD/DAC members" (giugno 1999) riferiti al volume percentuale di tale modalità  di aiuto in alcuni Paesi membri in rapporto al volume complessivo dell'APS (i.e.: Spagna: 10%; Germania: 7%; Austria: 2%; Canada: 1%) ed alla quota di cofinanziamento governativo di iniziative promosse dalle Autonomie locali (i.e.: Francia: 50%), testimonia della maturazione concettuale raggiunta dalla cooperazione internazionale in tema di "cooperazione decentrata" attraverso il lungo processo evolutivo della riflessione in materia avviata fin dalla metà  degli anni '80.

E' del 1985, infatti, la "Charte Européenne de l'Autonomie Locale" elaborata dal Consiglio d'Europa nella quale veniva sancito il diritto delle collettività  locali (democraticamente elette) di un Paese a cooperare tra loro e con collettività  omologhe di altri Paesi, mentre data 1989 l'inserimento formale dei concetti di cooperazione decentrata nell'attività  dell'Unione Europea (IV Convenzione di Lomè) e l'apertura da parte della Commissione U.E. di un pur modesto capitolo di bilancio dedicato a tale forma di cooperazione affidato in gestione alla propria Direzione "Sviluppo".

Solo negli anni '90, tuttavia, numerosi eventi internazionali aperti all'ampio spettro delle tematiche dello sviluppo o pi๠specificamente mirati ai temi delle realtà  territoriali locali hanno costituito idoneo contesto nel quale dibatterne i molteplici aspetti:

  • nel 1992, nell'ambito della Conferenza di Rio de Janeiro (Agenda XXI), veniva sottolineato il ruolo dei governi locali nello sviluppo sostenibile;

  • nell'ottobre dello stesso anno, sull'onda di tale summit, si apriva a Berlino la Conferenza Nord-Sud sulle "Iniziative locali per lo sviluppo sostenibile" con la presenza dei rappresentanti di 53 Paesi dell'Africa, dell'America Latina, dell'Asia e dell'Europa. Il documento conclusivo di tale Conferenza - la "Carta di Berlino" - è ritenuto ancor oggi fonte autorevole di ispirazione strategica per l'attività  di cooperazione allo sviluppo delle autonomie locali e della società  civile;

  • nel 1993, in esito al "Congress of local and Regional Authorities" promosso dal Consiglio d'Europa, veniva stilata la "European Urban Charter " nell'ambito della quale si argomentava sul tema della collaborazione e della solidarietà  fra le città  per uno sviluppo sostenibile all'interno ed all'esterno del territorio europeo;

  • nel 1995 la "Dichiarazione" adottata dalla Conferenza Euromediterranea di Barcellona promossa dall'Unione Europea sanciva il principio del partenariato per la costruzione di un rapporto di nuova solidarietà  fra istituzioni regionali e locali e tra organismi della società  civile del Nord e del Sud del mondo fondato sullo sviluppo reciproco e sulla reciproca convenienza, mentre forme di cooperazione fra realtà  locali europee ed extra-europee venivano sollecitate nella "Valencia Charter" della European Conference of Regional Politicians of the European Unit e nel documento "Call for Action" dell'Assemblea dei Sindaci del Mediterraneo svoltasi a Roma nel quadro dei comitati locali dell'Agenda XXI;

  • nello stesso anno l'OCSE-DAC affrontava la tematica del coinvolgimento degli attori locali quale fattore fondamentale nei processi di sviluppo nel documento "Participatory Development and Good Governance ";

  • nel 1996 la Commissione dell'Unione Europea presentava una "Comunicazione sulla Cooperazione Decentrata" divenuta successivamente oggetto di un pi๠vasto documento di Conclusioni del Consiglio e, nel giugno del medesimo anno, il ruolo primario delle Autorità  locali e della società  civile nella cooperazione allo sviluppo veniva sancito nell'"Habitat Agenda" della IIa Conferenza delle Nazioni Unite sugli Insediamenti Umani (Istambul);

  • nel 1997 medesimo ruolo primario ai medesimi soggetti veniva attribuito nella "Dichiarazione Finale" del 33° Congresso Mondiale dell'Unione Internazionale delle Autorità  Locali - IULA (Mauritius);

  •  

  • nel 1999 si sono svolti con tutti i Paesi interessati ulteriori incontri di approfondimento ed affinamento del documento "World Charter of Local Government", elaborato congiuntamente dalle Nazioni Unite e dalla World Association of Cities and Local Authorities Coordination (WACLAC), la cui edizione finale dovrebbe essere adottata dall'Assemblea Generale delle N.U. in occasione dei lavori di verifica dell'attuazione dell' "Habitat Agenda" programmati per l'anno 2001.

Si è, dunque, sviluppata e consolidata a livello internazionale soprattutto nel corso dell'attuale decennio, favorita dall'avvento della globalizzazione che ha evidenziato tanto le dirette relazioni esistenti tra fenomeni internazionali e situazioni locali quanto la progressiva perdita di capacità  di governo degli Stati nazionali, la consapevolezza dell'importanza del ruolo giocato delle singole realtà  locali dei PVS nei processi di crescita e nella governance del proprio territorio e del valore dell'apporto - attraverso l'azione di cooperazione - di esperienze di omologhe realtà  locali di Paesi a maggior grado di sviluppo.

  1. La cooperazione decentrata nella Legge 49/87

Anticipando in certo senso il dibattito internazionale sopra appena delineato attraverso la notazione di alcune tappe fondamentali del suo evolversi, fin dal 1987 - con apposita previsione normativa nell'ambito della vigente "Nuova Disciplina della Cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo" (Legge n.49 del 26 febbraio 1987, art. 2, commi 4 e 5) e nel relativo Regolamento di esecuzione (DPR n.177 del 12 aprile 1988, art.7) - il nostro Paese ha formalmente riconosciuto alle Autonomie locali italiane (Regioni, Province autonome ed Enti locali) ruolo propositivo ed attuativo nell'azione di cooperazione allo sviluppo governativa disciplinandone, altresà¬, la facoltà  di iniziativa e le modalità  di collaborazione con la DGCS con specifica deliberazione (n.12 del 17.3.1989) dell'abrogato Comitato Interministeriale per la Cooperazione allo sviluppo.

Nonostante l'esistenza del riferimento di legge, al tempo concettualmente innovativo ancorchè non ancora precisato in termini di "cooperazione decentrata", la collaborazione fra Cooperazione governativa ed Autonomie locali si è sviluppata inizialmente in modo frammentario, attivandosi solo nel pi๠recente periodo, sebbene ancora in forma asistematica, soprattutto nell'ambito di interventi multilaterali beneficiari di finanziamenti italiani. Ciಠha, tuttavia, favorito il crescere di alcune esperienze reciprocamente significative dalle quali è stato possibile attingere per lo sviluppo delle pi๠attuali iniziative comuni di aiuto, di natura anche bilaterale, oggi in fase di avvio.

  1. La nuova riflessione sulla cooperazione decentrata nell'ambito della cooperazione governativa italiana

L'affermazione a livello internazionale della cooperazione fra realtà  locali come modalità  strategica dell'aiuto ai PVS per la promozione dello sviluppo sostenibile; l'adozione (non sempre tradotta in pratica attuativa) di politiche di decentramento del potere amministrativo in 63 dei 75 Paesi in via di sviluppo od in fase di transizione; l'impulso in analoga direzione fornito nel nostro Paese dalla recente normativa in materia; il nuovo testo di revisione della disciplina della cooperazione italiana allo sviluppo, attualmente in fase di dibattito parlamentare, che identifica Regioni, Province autonome ed Enti locali quali soggetti promotori autonomi di cooperazione; le ormai molteplici positive esperienze maturate da tali Autonomie nell'esercizio di proprie attività  di cooperazione nei PVS favorite dalla promulgazione di specifiche leggi regionali in merito; le sempre pi๠frequenti richieste di partecipazione anche finanziaria avanzate alla Cooperazione governativa da parte di dette Autonomie a supporto di azioni di sviluppo da esse promosse, sono le principali motivazioni che hanno indotto la DGCS a rinnovare la riflessione sulle modalità  attraverso le quali valorizzare la collaborazione fra l'Amministrazione centrale e le Autonomie locali italiane ai fini di una pi๠efficace ed efficiente azione di aiuto allo sviluppo.

Da tale riflessione, avviata nello scorso anno con l'organizzazione del "Convegno Nazionale sulla Cooperazione decentrata" (25 maggio 1999) aperto al confronto dialettico con tutte le categorie di soggetti interessati ed approfondita in successivi momenti di consultazione e confronto organico con i soli soggetti istituzionali (Regioni, Province, Province autonome, Comuni, Comunità  montane), è emersa l'opportunità  di rivisitare in forma concordata tra la DGCS e tali ultimi soggetti, alla luce delle pi๠recenti acquisizioni concettuali in materia e pur sulla base della normativa in vigore, il ruolo e le modalità  di attuazione della "cooperazione decentrata" italiana nell'ambito della cooperazione allo sviluppo governativa.

3.1.    Peculiarità  della cooperazione allo sviluppo attuata dalle Autonomie Locali

Il processo di decentramento in atto nella maggioranza dei PVS e dei Paesi in via di transizione cui si è fatto cenno, benchè ormai riconosciuto fattore fondamentale di crescita democratica e, dunque, di sviluppo, è, tuttavia, severamente ostacolato dalla scarsa capacità  istituzionale dei governi locali, dalla limitata mobilizzazione delle risorse interne a ciಠdedicate e dal limitato accesso ai finanziamenti internazionali a lungo termine necessari per i relativi programmi di investimento, pur registrandosi ora - a quest'ultimo proposito ed in via generale - una inversione di tendenza in relazione ai nuovi orientamenti degli organismi internazionali e dei Paesi donatori.

La rinnovata missione istituzionale delle Autonomie locali italiane, espressioni del decentramento politico ed amministrativo in atto nel nostro Paese, di recente parzialmente disciplinata dal D.Lgs. 112/98; la loro articolazione territoriale che favorisce il rapporto diretto fra cittadino ed istituzione; la connotazione settoriale degli enti da esse controllati per l'erogazione di servizi alla collettività  amministrata; l'esercizio progettuale recentemente sperimentato da tali Autonomie per l'utilizzo di risorse comunitarie (fondi strutturali, fondi FERS/Ecos Ouverture ed iniziativa INTERREG) nonché la tipologia delle esperienze da esse maturate in tema di cooperazione allo sviluppo (principalmente attraverso la prestazione di assistenza tecnica a livello locale e/o l'attuazione di gemellaggi con realtà  amministrative omologhe dei PVS) costituiscono un complesso patrimonio di conoscenze particolarmente qualificato per rispondere ai bisogni dei PVS nell'attuazione del loro processo di decentramento nonché portato di altissimo valore aggiunto per il raggiungimento di alcuni degli obiettivi primari dell'azione di aiuto della Cooperazione centrale a sostegno di tale processo.

Al fine di contribuire all'attuarsi delle politiche di decentramento nei PVS ed alla correlata affermazione dei principi della democrazia partecipativa, l'Italia, infatti, fra i primi nel quadro della lotta alla povertà  dei Paesi meno favoriti che ormai impegna l'intera comunità  dei Paesi a pi๠forte economia, ha da tempo largamente adottato le pi๠recenti strategie di sviluppo sostenibile affermate in sede internazionale basate sul coinvolgimento diretto delle istituzioni locali e della società  civile dei Paesi beneficiari nell'individuazione dei propri bisogni e nella progettazione delle politiche di sviluppo del proprio territorio.

E la peculiarità  della cooperazione attuata dalle Autonomie locali nazionali, volta a promuovere l'incontro fra comunità  locali italiane e dei PVS con lo scopo di coinvolgere le diverse componenti della società  civile che, in rapporto di partenariato, si confrontino e collaborino per la soluzione dei problemi dello sviluppo individuati di comune accordo, consente di riconoscere in essa una delle modalità  di aiuto pi๠idonee per la crescita dei principi democratici perseguita dalla politica di cooperazione governativa.

3.2.    Valori della collaborazione fra Amministrazione centrale ed Autonomie locali nell'attuazione  della cooperazione allo sviluppo

La capacità  delle Autonomie locali di rapportarsi in forma diretta con le problematiche delle realtà  locali dei PVS apportando anche il know how di tutte le presenze economiche, sociali, culturali e scientifiche del proprio territorio, costituisce, dunque, elemento di particolare interesse per la Cooperazione centrale che la natura intergovernativa e le obbligazioni normative e procedurali che le sono proprie rendono meno idonea all'instaurazione di tale rapporto.

Per contro, le Autonomie locali, che scontano la propria pi๠recente storia in tema di cooperazione con i PVS con la minore conoscenza delle problematiche dello sviluppo e la circoscritta esperienza in termini di programmazione, valutazione e gestione dell'azione di aiuto ed operano secondo un fattore di scala rapportato alla propria contenuta disponibilità  finanziaria destinata all'attività  di cooperazione, possono, attraverso adeguate forme di sinergia con la Cooperazione nazionale, accedere a dimensioni dell'aiuto di pi๠ampio respiro utilizzando anche il vasto e collaudato coacervo delle esperienze tecniche, dei sistemi organizzativi e delle relazioni intergovernative dell'APS italiano. Ciಠal fine di favorire il raggiungimento di un livello "massa critica" sufficiente a rendere maggiormente significativo l'impatto degli interventi di cooperazione da essi promossi.

3.3.    Normativa di riferimento dell'attività  di cooperazione allo sviluppo delle Autonomie locali: livello nazionale

La già  citata Legge in vigore sull'APS italiano (Legge 49/87) prevede la possibilità  da parte della DGCS (art.2, comma 4) di utilizzare "le strutture pubbliche delle regioni, delle province autonome e degli enti locali" per l'attuazione di specifiche attività  di cooperazione individuate dalla Legge stessa (art.2, comma 3, lett. a), c), d), e), f) e h), restando escluse da esse - in particolare - quelle relative a:

  • "partecipazione, anche finanziaria, all'attività  e al capitale di organismi, banche e fondi internazionali" di sviluppo (art.2, comma 3, lett. b);

  • "adozione di programmi di riconversione agricola per ostacolare la produzione della droga" (art.2, comma 3, lett. g);

  • "realizzazione di interventi in materia di ricerca scientifica e tecnologica ai fini del trasferimento di tecnologie appropriate" (art.2, comma 3, lett. i);

  • "adozione di strumenti e interventi, anche di natura finanziaria, che favoriscano gli scambi tra Paesi in via di sviluppo, la stabilizzazione dei mercati regionali e interni e la riduzione dell'indebitamento €¦." (art.2, comma 3, lett. l);

  • "sostegno a programmi di informazione e comunicazione che favoriscano una maggiore partecipazione delle popolazioni ai processi di democrazia e sviluppo dei paesi beneficiari" (art.2, comma 3, lett. m).

La medesima Legge prevede, inoltre, per tali soggetti (art.2, comma 5) la possibilità  di "avanzare proposte in tal senso" alla DGCS che, ove autorizzata dal Comitato Direzionale, puಠstipulare con essi "apposite convenzioni".

L' "intesa" con "gli enti locali e gli enti pubblici" ai fini dell'impiego dei mezzi e del personale necessario per il tempestivo raggiungimento degli obiettivi degli interventi straordinari definiti dalla citata Legge è, infine, indicata nel testo dell'art. 11, comma 1, lett. d) della stessa.

Ulteriore riferimento normativo in materia, pur di secondo livello, è costituito dalla menzionata delibera CICS (12/89) approvativa del documento "Linee di indirizzo per lo svolgimento di attività  di cooperazione allo sviluppo da parte delle Regioni, delle Province autonome e degli Enti locali".

Tale documento, che interpreta in forma anche estensiva il dettato di Legge, costituisce ad oggi l'unico testo organico in tema di rapporto della cooperazione allo sviluppo attuata dalle Autonomie locali con la cooperazione governativa.

Ad esso si deve, infatti, la sottolineatura tanto del ruolo prioritario assegnato a Regioni, Province autonome ed Enti locali al fine di favorire un maggior coinvolgimento di tutti i settori della società  italiana nelle attività  di cooperazione e di valorizzare i potenziali ed originali contributi delle comunità  e delle strutture economiche e sociali ricadenti nel territorio di competenza quanto della duplice funzione propositiva ed attuativa attribuita ad essi dalla Legge. Cosଠcome solo a tale documento è, ad oggi, riconducibile l'approccio disciplinare in termini di procedure e modalità  operative in materia.

L'art.19, comma 1 della Legge n.68 del 23.3.1993 di conversione e modifica del D.L. n.8 del 18.1.1993 "Disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità  pubblica" amplia la gamma dei soggetti titolari di capacità  attuativa di iniziative della Cooperazione governativa riconoscendo all'Associazione dei Comuni Italiani (ANCI) ed all'Unione delle Province Italiane (UPI) l'idoneità  "a realizzare programmi del Ministero degli Affari Esteri relativi alla cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo" ed autorizzando la DGCS "a stipulare apposite convenzioni che prevedano uno stanziamento globale da utilizzare per iniziative di cooperazione da attuarsi anche da parte dei singoli associati".

Il comma 1-bis del medesimo articolo introduce, altresà¬, un ulteriore elemento normativo che circoscrive l'impegno finanziario di Province e Comuni a sostegno di "programmi di cooperazione allo sviluppo ed interventi di solidarietà  internazionale" prevedendo la destinazione a tale scopo di un importo non superiore allo 0,80% della somma dei primi tre titoli delle entrate correnti di bilancio di tali Enti.

3.4.    Normativa di riferimento dell'attività  di cooperazione allo sviluppo delle Autonomie locali: livello regionale

La pressocchè totalità  delle Regioni ed entrambe le Province autonome italiane, in esito all'entrata in vigore della Legge 49/87 ed all'accelerazione impressa negli ultimi anni al processo di integrazione europea, ha avvertito l'esigenza di dotarsi di propria normativa in materia di cooperazione allo sviluppo.

Pur con le differenze derivanti dalle peculiarità  del territorio di riferimento e dalle diverse date di promulgazione delle singole Leggi, che abbracciano un periodo di circa dieci anni (la prima, della Regione Veneto, è del 1988; la pi๠recente, della Regione Toscana, è del 1999), in tutte si riscontra l'intento di costituire a livello regionale un punto di riferimento organico a supporto degli interventi di cooperazione promossi dagli altri enti locali e di perseguire il raccordo con la Cooperazione centrale.

Cosଠcome uno dei caratteri pi๠significativi in esse ravvisabile è costituito dall'intenzione di stabilire il pi๠ampio rapporto con le forze sociali ed economiche presenti nel territorio interessate a sviluppare attività  di cooperazione allo sviluppo sulla scorta del rilevato valore delle risorse provenienti dalla società  civile organizzata per il successo dell'azione di aiuto.

E', in particolare, disposizione comune nelle Leggi regionali il coordinamento locale, l'assistenza e l'incentivo delle Regioni alle proposte di intervento di associazioni, enti pubblici e privati, ONG, istituti, Università  regionali, etc. ed orientamento ricorrente la previsione della creazione di organismi a latere dell'istituzione amministrativa, a base essenzialmente rappresentativa (realtà  di volontariato, categorie produttive e sociali presenti nel territorio) e di natura consultiva, per il pi๠adeguato svolgimento delle attività  di cooperazione allo sviluppo previste dalla normativa statale.

In alcune di tali Leggi, infine, è esplicitamente prevista la possibilità  da parte delle Regioni di accedere a finanziamenti comunitari ed internazionali per la realizzazione di proprie iniziative di sviluppo.

3.5.    Ulteriore normativa di interesse per l'attività  di cooperazione allo sviluppo delle Autonomie locali

Un insieme di norme successive all'entrata in vigore della Legge 49/87, pur non direttamente connesse all'attività  di cooperazione allo sviluppo, appaiono di particolare interesse al fine di completare il quadro legislativo nell'ambito del quale puಠinserirsi oggi il rapporto fra cooperazione governativa e cooperazione allo sviluppo delle Autonomie locali.

Ci si riferisce, in particolare:

  • alla Legge 142/90 sul nuovo ordinamento degli enti locali nella quale viene sancito il principio dell'autonomia statutaria e finanziaria dei Comuni e delle Province;

  • al DPR 31.3.94 "Atto di indirizzo e di coordinamento in materia di attività  all'estero delle Regioni e delle Province autonome" nel quale sono precisate le procedure di raccordo con lo Stato per le "attività  promozionali all'estero" ("intesa governativa") e le "attività  di mero rilievo internazionale" ("previa comunicazione") all'interno delle quali la prassi invalsa ha ricondotto le attività  autonome di cooperazione allo sviluppo di tutte le Autonomie locali, ivi compresi le Province ed i Comuni;

  • alla Legge 59/97 di delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed Enti locali nella quale viene affermato il principio di sussidiarietà ;

  • alla Legge 265/99 che integra e modifica la legge 142/90 precedentemente citata nella quale €“ fra l'altro €“ trovano esplicito riferimento (art.7) le Comunità  montane.

A ciಠsi aggiungono i due recenti Protocolli d'Intesa (25.3.1999) fra la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome e l'ANCI e l'UPI che, nello spirito della menzionata Legge delega e dei connessi Decreti legislativi, impegnano le parti a "valorizzare il metodo della concertazione al fine di consentire la collaborazione e l'azione coordinata tra i due livelli di governo nel quadro delle rispettive competenze" ed a favorire "un impianto istituzionale delle funzioni amministrative che veda nei comuni singoli ed associati i gestori delle attività  e nelle Regioni i programmatori delle funzioni".

3.6.    La cooperazione decentrata nel testo di riforma della Legge 49/87

L'acquisita sensibilità  anche politica nei confronti della cooperazione allo sviluppo attuata dalle Autonomie locali è testimoniata dal ruolo primario attribuito alla "cooperazione decentrata" nel testo di riforma della Legge 49/87 recentemente approvato da uno dei due rami del Parlamento (Senato, settembre 1999).

Ancorchè soggetto alle successive fasi di dibattito previste dall'iter parlamentare e sebbene non ancora perfettamente risolte alcune problematiche di rilievo - fra le quali quelle attinenti alla diversità  di funzioni fra Autonomie e dunque alle modalità  di rapporto (diretto/indiretto) di ciascun soggetto con la Cooperazione centrale -, appare, tuttavia, significativo sottolineare come in esso risultino esplicitamente affermati:

  • il "partenariato tra soggetti pubblici e privati ed organizzazioni della società  civile del territorio italiano e dei Paesi cooperanti" quale principio di base della cooperazione italiana;

  • la soggettività  nell'iniziativa di cooperazione di Regioni, Province autonome, Province e Comuni nonché dei loro consorzi ed associazioni, definiti, appunto, "soggetti italiani della cooperazione" al pari del Governo e delle Organizzazioni non governative;

  • la loro autonoma funzione di promotori di interventi di cooperazione allo sviluppo, di solidarietà  internazionale e di interscambio a livello decentrato che favoriscano la partecipazione organizzata dei soggetti attivi sul territorio di relativa competenza, ferma restando la eventuale funzione di enti esecutori di iniziative anche di emergenza interamente finanziate dalla Cooperazione governativa.

Cosଠcome analogamente significative risultano le indicazioni contenute in tale testo in merito:

  • all'istituzione di fori di consultazione organica fra i soggetti della cooperazione governativa, non governativa e decentrata sia in fase di predisposizione del documento di programmazione triennale della cooperazione governativa sia per la programmazione ed il coordinamento operativo dell'azione di cooperazione governativa di matrice geografica o tematica.

4.    Ruolo e modalità  di attuazione della cooperazione decentrata italiana nell'ambito della cooperazione allo sviluppo governativa

4.1.    Definizione di cooperazione decentrata

Il confronto sviluppatosi fra la DGCS ed i rappresentanti delle Autonomie locali nel quadro dell'evoluzione legislativa e della prassi operativa degli ultimi anni, che ha, peraltro, posto in evidenza l'intervenuta insufficienza della normativa in materia, ha consentito di concordare sulla opportunità , in questa sede, di una definizione univoca del termine "cooperazione decentrata", tenuto conto delle differenti interpretazioni ad esso attribuite in fori nazionali ed internazionali.

Per "cooperazione decentrata" attuata nell'ambito della cooperazione allo sviluppo italiana si è convenuto, dunque, di intendere, mutuando parzialmente la definizione adottata dall'Unione Europea:

"L'azione di cooperazione allo sviluppo svolta dalle Autonomie locali italiane, singolarmente od in consorzio fra loro, anche con il concorso delle espressioni della società  civile organizzata del territorio di relativa competenza amministrativa, attuata in rapporto di partenariato prioritariamente con omologhe istituzioni dei PVS favorendo la partecipazione attiva delle diverse componenti rappresentative della società  civile dei Paesi partner nel processo decisionale finalizzato allo sviluppo sostenibile del loro territorio."

4.2.    Ambiti di intervento preferenziali della cooperazione decentrata nel rapporto di collaborazione con la cooperazione governativa

Stanti le accennate specificità  della cooperazione decentrata ed i principi cui è oggi ispirato l'APS italiano, la ricerca delle modalità  attraverso le quali ottimizzare la collaborazione fra Amministrazione centrale ed Autonomie locali italiane non puಠprescindere da un pi๠attento riconoscimento degli ambiti di intervento preferenziali di tali Autonomie nel quadro della comune azione di aiuto.

E' indubbio, infatti, che il compito istituzionale affidato a tali soggetti e le potenzialità  offerte dal sistema di enti da essi controllati li qualifichino quali coattori principali, insieme alla DGCS, nelle attività  di cooperazione allo sviluppo a livello locale finalizzate:

  • al sostegno delle policies di decentramento politico e amministrativo;

  • alla promozione dei processi di democrazia partecipativa;

  • al sostegno delle politiche di tutela delle fasce di popolazione a maggior rischio e delle minoranze;

  • al sostegno delle politiche di tutela del patrimonio ambientale e di conservazione dell'eredità  culturale;

  • alla pianificazione e gestione dei servizi al territorio.

La capacità , inoltre, di convogliare verso azioni di cooperazione allo sviluppo qualificate presenze sociali, culturali, scientifiche, economiche e finanziarie del proprio territorio, confermata dalle esperienze già  maturate in tal senso, abilita tali Autonomie a divenire partner preferenziali della Cooperazione governativa negli interventi tesi a promuovere, attraverso l'instaurazione di un partenariato per lo sviluppo con le realtà  locali del Paese beneficiario:

  • la creazione di ambienti favorevoli alla crescita di forme associative di tipo cooperativistico e di micro, piccole e medie imprese;

  • la promozione di sistemi creditizi equi e sostenibili;

  • la creazione di centri di formazione professionale e specialistica per la crescita dell'occupazione.

La modalità  operativa di elezione per l'attuazione di iniziative ordinarie di cooperazione decentrata allo sviluppo negli ambiti di intervento preferenziali sopra identificati risulta quella dell'assistenza tecnica in favore delle Amministrazioni locali e degli enti pubblici e privati di gestione dei servizi di base ai cittadini tesa all'incremento della loro capacità  di risposta alle esigenze dell'ambito territoriale o settoriale di competenza nonché in favore della comunità  locale per la formazione consapevole della domanda di sviluppo sostenibile del proprio territorio.

4.3.        Modalità  della collaborazione fra Autonomie locali e cooperazione governativa

4.3.1.    L'associazione delle Autonomie Locali nella fase di programmazione, le strutture di collegamento, la Banca Dati

Come ricordato, la legge 49/87 attribuisce alle Autonomie locali tanto ruolo propositivo quanto ruolo meramente attuativo in relazione all'attività  di cooperazione svolta nel contesto della cooperazione allo sviluppo governativa.

Tuttavia, la crescita di tali soggetti nel settore registrata nel pi๠recente periodo anche in termini di normativa a sostegno induce a riconoscere ad essi un pi๠marcato ruolo di coprotagonisti con la DGCS nell'attuazione dell'APS italiano a livello locale privilegiando la valenza propositiva prevista dalla Legge.

Ciಠdetermina la necessità  di una rilettura delle modalità  attraverso le quali debba esplicarsi il rapporto di collaborazione con l'Amministrazione centrale, finora semplicemente omologato a quello dei soggetti della cooperazione non governativa.

Dalla soggettività  delle Autonomie locali cosଠintesa deriva, infatti, non soltanto l'opportunità  di una pi๠significativa partecipazione finanziaria alle comuni azioni di aiuto bensଠanche e soprattutto di una maggiore corresponsabilità  nella corretta risposta alla domanda di sostegno avanzata dai Paesi beneficiari.

Appare, quindi, indispensabile la sistematica associazione delle Autonomie locali fin dalla fase di programmazione dell'intervento nazionale italiano in favore di un Paese, di una regione o dello sviluppo di tematiche trasversali, con particolare riferimento a Paesi, regioni e temi che l'indirizzo politico identifichi come prioritari, fermo restando il ruolo di indirizzo e di coordinamento generale (v.anche "Relazione della C.d.C. sul Rendiconto Generale dello Stato per l'esercizio finanziario 1998") attribuito all'Amministrazione statale dalla vigente legislazione.

Analoga associazione puಠprevedersi nei casi di intervento in Paesi non prioritari che, tuttavia, consideratane la natura di azione pi๠puntuale e di norma non inserita in esercizi di programmazione organica, puಠessere effettuata su richiesta di parte all'occorrere dell'esigenza.

Il coinvolgimento delle Autonomie locali nell'attività  programmatoria e di verifica della DGCS sarà  effettuato da quest'ultima, attraverso una specifica struttura interna di coordinamento dedicata (Unità  di Coordinamento Cooperazione Decentrata - UCD) operante nell'ambito dell'Ufficio I della Direzione stessa, :

  • curando con cadenza annuale - salva diversa necessità  derivante da eventuali aggiornamenti - e per via telematica la diffusione dell'informativa circa le linee di indirizzo politico dettate dal Governo per l'attuazione dell'attività  di cooperazione;

  • aprendo tavoli di consultazione:

  • in fase di programmazione generale (fase di predisposizione della Relazione previsionale al Parlamento), al fine di verificare la disponibilità  ed i termini generali della collaborazione delle Autonomie locali con l'Amministrazione centrale nel periodo di riferimento;

  • in fase di programmazione per area geografica e/o Paesi e/o temi prioritari, al fine di verificare l'interesse delle Autonomie locali a collaborare su specifiche iniziative di aiuto già  identificate ovvero di ricevere indicazioni di interesse per l'integrazione del programma con iniziative di aiuto da esse autonomamente individuate;

  • in fase di valutazione, per la retroazione dei risultati dell'esercizio di valutazione in corso d'opera ed ex post delle iniziative congiunte di cooperazione decentrata che l'Unità  di Valutazione della DGCS avrà  provveduto a promuovere.

L'efficienza di dette modalità  di coinvolgimento presuppone, tuttavia, un importante sforzo organizzativo interno delle Autonomie locali che consenta all'Amministrazione centrale di identificare qualificate e stabili rappresentanze delle stesse quali destinatarie dirette dell'informativa citata nonché quali partecipanti ai tavoli di consultazione via via avviati.

Tale sforzo dovrebbe tradursi:

  • per quanto concerne la consultazione in fase di programmazione annuale/triennale, nella previsione di sedute dedicate in sede di Conferenza unificata Stato, Regioni ed Autonomie locali di cui all'art.8 del DL 281/97;

E' indubbio, inoltre, che l'efficacia della collaborazione trovi supporto anche nella comune conoscenza degli interventi di cooperazione decentrata attuati o programmati dalle singole Autonomie in assenza di finanziamenti governativi.

E' quindi auspicabile la costituzione di una Banca Dati di comune accesso DGCS/Autonomie locali presso la DGCS cui Regioni ed Enti locali si impegnino a riversare le informazioni di base della propria attività  di cooperazione allo sviluppo in essere od in programmazione, attraverso la quale sia possibile giungere all'elaborazione di una mappatura ragionata della presenza del sistema delle Autonomie italiane nei PVS.

Si acquisirebbe in tal modo tanto l'immediata possibilità  di verificare e promuovere la sinergia e la complementarietà  delle autonome azioni di cooperazione decentrata, attuate in via bilaterale o per il tramite di organismi internazionali, con gli interventi della cooperazione governativa quanto la corretta qualificazione e quantificazione dell'impegno complessivo del nostro Paese in tale ambito da valorizzare anche in sede internazionale.

4.3.2.    I criteri di individuazione degli interventi da attuare in cofinanziamento

Il recente concretarsi all'interno della DGCS di effettive ed organiche forme di programmazione pluriennale dell'azione di aiuto, di tipo geografico, settoriale e/o tematico, consente di riferirsi ad un quadro pi๠stabile che nel passato nel modulare la eventuale collaborazione fra la DGCS e le Autonomie locali, concordando con maggiore immediatezza circa gli interventi di cooperazione decentrata idonei a divenire parte integrante del programma governativo e da attuare con finanziamento congiunto.

Questi, infatti, nati comunque dall'esigenza di fornire risposte adeguate ai bisogni segnalati dal Paese destinatario nel corso del policy dialogue instaurato con esso dalla cooperazione centrale od alle necessità  espresse dal beneficiario a livello locale nell'ambito dei rapporti di partenariato già  in essere con i soggetti italiani della cooperazione decentrata, dovrebbero essere individuati, in esito ai previsti incontri consultivi DGCS/Autonomie locali, sulla base di criteri che tengano conto, nel contesto degli obiettivi prefissati e delle strategie adottate dalla cooperazione governativa e delle disponibilità  finanziarie destinate al programma anche in via multilaterale, della specificità  dell'apporto dei soggetti della cooperazione decentrata.

Tra tali criteri di individuazione, raggruppabili nelle due principali categorie di

  1. criteri funzionali alla verifica della rispondenza degli interventi da attuare con finanziamento congiunto alla strategia di cooperazione della DGCS;

  2. criteri funzionali alla verifica della qualità  intrinseca degli interventi proposti,

si caratterizzano come prioritari quelli inerenti a:

categoria a):

  • rispondenza alle priorità  geografiche, tematiche e/o settoriali del quadro programmatico governativo di riferimento;

  • rispetto dei principi di concentrazione territoriale e settoriale cui la cooperazione governativa si ispira;

  • integrazione o complementarietà  con iniziative già  identificate dalla Amministrazione centrale ovvero con significative iniziative in essere, anche non italiane, che essa intenda sostenere;

  • aderenza agli ambiti di intervento preferenziali già  citati;

  • valore aggiunto rappresentato dal singolo intervento in rapporto agli obiettivi della cooperazione governativa nell'area, settore o tema.

categoria b):

  • know how specifico dell'Autonomia locale o del gruppo da essa rappresentato in relazione all'intervento di interesse;

  • coinvolgimento delle strutture attive del territorio di competenza dell'Autonomia locale per l'attuazione dell'intervento di interesse;

  • possibilità  di prosecuzione dell'azione oltre i limiti temporali specifici dell'iniziativa in esame.

4.3.3.    Le aggregazioni fra i soggetti istituzionali della cooperazione decentrata

La complessità  e la dimensione che di norma caratterizzano le azioni sostenute dalla cooperazione governativa ed il ruolo chiave che le iniziative di cooperazione decentrata dovrebbero assumere nell'ambito dei programmi di sviluppo della DGCS inducono a sottolineare l'opportunità  di una pi๠sistematica ed ampia aggregazione fra i soggetti della cooperazione decentrata che intendano proporsi in qualità  di partners dell'Amministrazione centrale nell'attuazione dell'APS italiano.

E' evidente, infatti, come l'apporto congiunto di pi๠Autonomie locali (i.e.: Associazioni/Consorzi di Province, Associazioni/Consorzi di Regioni, Associazioni/Consorzi di Comuni, Associazioni/Consorzi di Comunità  montane, Associazioni/Consorzi misti fra tali soggetti) che abbiano attribuito mandato di rappresentanza ad una di esse (i.e.: Regione) costituisca elemento di maggior valore a sostegno della rilevanza, della coerenza, dell'efficacia e dell'impatto degli interventi di cooperazione da esse attuati contrastando la negatività  dei fenomeni di parcellizzazione pi๠volte presente nella storia della cooperazione internazionale.

Peraltro, tale tendenza aggregativa - sperimentata in alcune esperienze di cooperazione in corso - è per alcuni versi già  riscontrabile nei recenti Protocolli d'Intesa fra la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome e l'ANCI e l'UPI precedentemente citati, nei quali è sancito l'impegno ad una fattiva collaborazione fra le Parti nel rispetto delle specifiche competenze.

4.3.4.    Le forme di coinvolgimento delle risorse del territorio di competenza

Si è già  posto in evidenza come la pluralità  degli attori coinvolti a livello locale in Italia e nel Paese beneficiario ed il sistema di relazioni partenariali in cui essi agiscono costituiscano gli aspetti pi๠innovativi e caratterizzanti della cooperazione decentrata.

E', quindi, determinante nel design degli interventi appartenenti a tale campo il sistematico e coordinato coinvolgimento da parte delle Autonomie locali di qualificate e motivate risorse pubbliche e private presenti nel territorio di propria competenza amministrativa attraverso adeguate e concrete forme di promozione dell'attività  di cooperazione allo sviluppo ed idonei meccanismi di valorizzazione delle iniziative da esse individuate anche ai fini della loro canalizzazione verso la cooperazione governativa.

Evidentemente, tuttavia, tale coinvolgimento, ispirato al principio di sussidiarietà , dovrà  attuarsi attraverso metodologie note nel rispetto delle vigenti normative.

Si tratterà , pertanto, da parte degli Enti territoriali di mettere a punto sistemi trasparenti di compartecipazione di dette risorse agli interventi sostenuti dalla cooperazione governativa che tengano conto della necessità  di sottoporre a selezione, in funzione del quadro programmatico, strategico e metodologico prefissato, proposte concettuali da esse provenienti e contributi operativi ad esse richiesti.

4.3.5.    La tipologia del rapporto formale DGCS/Autonomie locali per gli interventi bilaterali

La pariteticità  del rapporto fra DGCS ed Autonomie locali nell'attuazione delle iniziative di cooperazione decentrata, il comune accordo nella formulazione delle stesse, la compartecipazione finanziaria di tali Autonomie per la loro realizzazione, la peculiarità  dell'apporto delle Autonomie medesime e la loro specifica competenza lato sensu nell'azione di aiuto come sopra configurata, sui quali è stato pi๠volte posto l'accento, consente all'Amministrazione centrale di considerare, nei casi di intervento bilaterale, il ricorso all'individuazione diretta delle Autonomie partner come metodologia pi๠adeguata alla tipicità  di tali soggetti ed alle caratteristiche della collaborazione da instaurare e di esprimere sotto forma contributiva il sostegno finanziario della cooperazione governativa alla realizzazione delle singole iniziative, utilizzando lo strumento della convenzione per la regolazione dei reciproci rapporti come esplicitamente previsto dalla Legge 49/87.